venerdì 14 dicembre 2012
mercoledì 12 dicembre 2012
MAKHNO - RECENSIONE SHIVER WEBZINE
Chi è Makhno? Makhno è il one man project di Paolo Cantù,
musicista autodidatta, sperimentatore estremo della chitarra elettrica e
di qualsiasi altra cosa gli capiti tra le mani. Dopo aver militato in
alcuni dei gruppi più importanti della penisola, dai pionieri industrial
Tasaday alla prima incarnazione degli Afterhours, passando per i
seminali Six Minute War Madness e A Short Apnea, fino a
tutte le formazioni più recenti, è sempre riuscito a mantenere un
profilo basso, arrivando all’esordio solista appena qualche mese fa nel
10” della Phonometak Series, condiviso con l’amico di scorribande
sperimentali Xabier Iriondo. Silo Thinking è la sua prima prova in completa autonomia. L’album in vinile 12″ esce in coproduzione con le etichette Wallace Records, Hysm?, Brigadisco e Neon Paralleli (dello stesso Cantù) e vede come unico contributo esterno la presenza di Federico Ciappini (Six Minute War Madness).
“Silo thinking
è il termine inglese usato per definire il “pensare a comparti stagni”.
Io ho utilizzato molto il “silo thinking” in momenti in cui i problemi
da affrontare erano troppi e i rischi di non trovare soluzioni
altissimi. Il riferimento è dunque molto personale, ma è anche un po’ la
storia del disco e dei brani. Ho lavorato in modo da trovare per ognuno
di loro una soluzione particolare, come se ogni episodio qui presente
fosse un comparto stagno, anche se poi inevitabilmente (sia nel caso del
disco che nella vita) ti rendi conto che le metodologie per trovare
soluzioni, spesso, sono le stesse.” Descrive così Paolo Cantù la
propria avventura col nuovo disco, più di trenta minuti di ricerca,
protesta, amaro ricordo ed estro creativo infinito; e così il mago
Makhno si destreggia autonomamente fra chitarra, basso, batteria,
clarinetto, elettronica e nastri, inscenando un disco di avant-noise,
rock acidulo, senza negarsi sprazzi di industrial e contaminazioni
storiche.
Canzoni-manifesto che filtrano avidità, forza, rabbia e urgenza: quello di Makhno non è un urlo aperto -come l’opera estrema di Iriondo col suo Irrintzi-
piuttosto un’implosione interiore, selvaggia e sintomatica di un
disagio sociale attualissimo, di una non- Storia lacerata, da nomi,
luoghi e persone. Dalla liquida e ipnotica ”Remember” che ricorda la
Congiura delle polveri del 1605 (fallito complotto progettato da un
gruppo di cattolici inglesi a danno del re Giacomo I d’Inghilterra) in
mezzo a lidi free-jazz distorti e psichedelici, ai ritmi à la Ulan Bator de ”La Makhnovtchina”, inno della resistenza anarchica ucraina guidata dall’irriducibile Nestor Makhno. Il post-industrial di ”Ulrike” si fa spasmodico e acido nel ricordare la giornalista e terrorista tedesca Ulrike Marie Meinhof. ”Zena” è
un dipinto coloratissimo che racconta degli scontri avvenuti a Genova
il 30 giugno 1960 contro il congresso fascista organizzato in città.
Spettri rock ed esaltanti drone di chitarra riecheggiano un passato
difficile in cui Cantù sembra sentirsi ancora prigioniero. La voce del
compianto Stiv Livraghi, fondatore dei Tupelo, entra palpitante nell’oscuro turbinio carnale di ”Stiv”, marziale saluto all’amico scomparso nel 2000 in seguito ad un drammatico incidente stradale. Atmosfera tesissima per ”Father and Son”, un post-rock abrasivo e rumorista mentre gli otto minuti de ”La fine della storia” ricordano un desert-blues tiratissimo e vorticoso. La conclusione è affidata a ”Custer” che vede il primo e unico apporto esterno, quello di Federico Ciappini
(ex Six Minute War Madness) che qui regala una voce narrante, fra
allucinazione e violenza, per una nervosissima confessione a cuore
aperto sulla feroce battaglia di Little Big Horn. Ai più potrà forse
suonare come un impasto fra Massimo Volume e Offlaga Disco Pax… niente
di tutto ciò: c’è una disperazione alienata e straziante, un sarcasmo
tombale che avvicina il recitato di Ciappini a un violento assalto
sonoro del miglior Carmelo Bene.
Quello creato da Makhno/Cantù
è un fiume in piena, le cui acque straripano fra rock industrial
sperimentale e noise, ma quel noise bello, fatto di chitarre
sferraglianti un po’ Shellac un po’ Suicide. È anche un fiume di satira incattivita e tagliente a metà fra Pere Ubu e Jesus Lizard, incastonato in un’atmosfera ossessiva e meccanica. Silo Thinking
è un album intenso e nervoso, come solo un album politico sa essere,
con la sua voglia di partecipare e vivere l’obbligatorietà di una
scelta. Fare politica è questo e la bellezza di prendersi la libertà di
pensare e agire seppure stanchi e delusi da una società vecchia, arcigna
e arida. Per concludere questo viaggio all’insegna della
destrutturazione sonora e degli idealismi simbiotici, vi lascio alle
parole di Ciappini nel finale dolcemente straziante di ‘Custer‘: ” Sento
che noi siamo così Paolo, circondati e senza alcuna speranza di
salvezza, e ciò nonostante valorosamente ci battiamo……noi discendiamo
dagli dei e abbiamo il coraggio, la volontà, la forza delle nostre idee e
conosciamo l’amore, l’amore che è una cosa meravigliosa, che è una cosa
viva, che è una cosa immensa, come la nostra vita, come le nostre
donne, come le nostre musiche e le nostre grida Dammi due pistole Paolo,
che voglio morire come il Generale Custer”.
Beatrice Pagni
LEGGI TUTTE LE RECENSIONI / OTHER REVIEWS CLICK HERE
domenica 2 dicembre 2012
MAKHNO - NUOVE RECENSIONI, NUOVO LINK STREAMING
ASCOLTA MAKHNO - SILO THINKING IN STREAMING CLICK HERE
NUOVE RECENSIONI:
BASSIFONDI Postfanzine
Pressoché inconsistenti sono le probabilità,
che tale disco di Paolo Cantù, in arte Makhno, venga apprezzato,
appurato e ‘viaggiato’ lungo tutti i suoi sentieri, allo scadere di un
solo primo ascolto, di una sola prima impressione. Tanto quanto
inconsistenti risulterebbero i tentativi di elencare le varie e
intricate motivazioni, per cui l’ascolto di “Silo Thinking” (Hysm? / Brigadisco Records / Wallace Records / NeonParalleli, 2012) risulta
meravigliosamente invadente e
coinvolgente. Un album, che dato il forte interesse e fascino che suscita, incita
alla scrittura e, ancor più, ad approfondire la vicenda Makhno, nei suoi
risvolti non prettamente musicali, ma, più largamente, politici. Perché
sembra proprio un risveglio improvviso di coscienza, quello che porta
alla nascita di un disco di tal tipo; un risveglio dal sozzo sudiciume
della (ir)realtà storica contemporanea. Un risveglio di coscienza, che
permette di tessere un paragone con il percorso rabbioso, intrapreso dai
Fuzz Orchestra, ma le similitudini, ritornando sui nostri passi e
concentrandoci su un discorso musicale, terminano qua. Tuttavia, non
sembra a noi minoritaria l’importanza, che andrebbe dedicata a tale
sfaccettatura: la musica, che, in tempi di crisi esistenziali, si
riappropria dei contenuti per dar vita a un fuoco fatuo, con cui poter
incendiare le macerie abbandonate di quegli ideali, che le convenzioni
di un passato opprimente hanno portato allo stato di ultimo degrado.
“Ecco, io, spesso, mi sento così, sento che noi siamo così, Paolo.
Circondati e senza alcuna speranza di salvezza, e ciò nonostante,
valorosamente, ci battiamo con l’eccezione che i nemici non sono i
coraggiosi Sioux, bensì una massa di stupidi, di ignoranti, di pecore,
che obbediscono per paura. E sono pigri e indecenti e servi.” Poesia
politica, futurista e popolare.
THE WHITE SURFER
E' praticamente impossibile parlare di Paolo Cantù senza tracciare un parallelo con la carriera di uno dei suoi più longevi compagni di viaggio, Xabier Iriondo:
entrambi sulla scena musicale da oltre vent'anni, durante i quali hanno
dato vita a molte delle band cardine dell'underground nazionale, dagli Afterhours ai Six Minute War Madness, dagli A Short Apnea agli Uncode Duello,
passando per un'infinità di progetti minori; entrambi giunti
all'esordio in solitaria solo ora, peraltro dopo un'anticipazione
condivisa nel decimo ed ultimo volume della Phonometak Series, in cui
gli artisti si spartivano i due lati del 10".
E' invece impossibile per me fare un confronto tra il disco in
questione ed "Irrintzi", l'album di Iriondo, che non ho ascoltato. Cosa
che non mi impedisce comunque di tessere le lodi di questo eccellente
"Silo Thinking": c'è molto delle esperienze pregresse del nostro Makhno,
a partire dai clangori industrial della chitarra (ecco i Tasaday) che
spesso e volentieri si lancia in sferraglianti progressioni noise memori
degli Shellac (Remember) e dei Novanta più noise e math.
Esplicito il messaggio politico sin dalla scelta del moniker, preso in prestito all'anarchico ucraino Nestor Makhno al quale è dedicata una versione noise - e qui L'Enfance Rouge ha fatto scuola - dell'inno La Makhnovtchina, e che continua con le successive Ulrike (Meinhoff, della banda Bader-Meinhoff), proto-techno a suon di drum machine e sei corde, e Zena, racconto antifascista d'epoca in dialetto genovese immerso in un delirio di percussioni e destrutturazioni chitarristiche (e qui sbucano le sperimentazioni degli A Short Apnea). Paolo Cantù si occupa di tutto: chitarre, basso, batteria, voce, drum machine, clarinetto, nastri. Campionamenti vocali a parte - tra i quali spicca il commovente omaggio all'amico Stiv Livraghi, frontman dei Tupelo e dei Playground (band dalle quali nacquero i lodigiani Satantango) morto in un tragico incidente d'auto - l'unico contributo esterno è quello di Federico Ciappini dei Six Minute War Madness nella trascinante (a onor del vero, i primi Massimo Volume potrebbero chiedere i diritti d'autore), conclusiva Custer, vera e propria dichiarazione di guerra alla mediocritocrazia oggi imperante.
Non corre invece il rischio di essere mediocre Cantù, che ci regala un album riuscitissimo nonché ottima sintesi di una carriera che pochi, in Italia, possono vantare.
Esplicito il messaggio politico sin dalla scelta del moniker, preso in prestito all'anarchico ucraino Nestor Makhno al quale è dedicata una versione noise - e qui L'Enfance Rouge ha fatto scuola - dell'inno La Makhnovtchina, e che continua con le successive Ulrike (Meinhoff, della banda Bader-Meinhoff), proto-techno a suon di drum machine e sei corde, e Zena, racconto antifascista d'epoca in dialetto genovese immerso in un delirio di percussioni e destrutturazioni chitarristiche (e qui sbucano le sperimentazioni degli A Short Apnea). Paolo Cantù si occupa di tutto: chitarre, basso, batteria, voce, drum machine, clarinetto, nastri. Campionamenti vocali a parte - tra i quali spicca il commovente omaggio all'amico Stiv Livraghi, frontman dei Tupelo e dei Playground (band dalle quali nacquero i lodigiani Satantango) morto in un tragico incidente d'auto - l'unico contributo esterno è quello di Federico Ciappini dei Six Minute War Madness nella trascinante (a onor del vero, i primi Massimo Volume potrebbero chiedere i diritti d'autore), conclusiva Custer, vera e propria dichiarazione di guerra alla mediocritocrazia oggi imperante.
Non corre invece il rischio di essere mediocre Cantù, che ci regala un album riuscitissimo nonché ottima sintesi di una carriera che pochi, in Italia, possono vantare.
Alessandro Gentili
LEGGI TUTTE LE RECENSIONI / OTHER REVIEWSCLICK HERE
lunedì 12 novembre 2012
MAKHNO - INTERVISTA SODAPOP
MAKHNO - Paolo Cantù, soltanto io, da solo.
Paolo Cantù si è fatto le ossa in seminali gruppi
dell'industrial italiano all'inizio degli anni '80, ha suonato la
chitarra nella primissima formazione degli Afterhours, è stato parte di un gruppo fondamentale per la musica sperimentale come A Short Apnea, ha militato in Six Minute War Madness, Uncode Duello, EAReNOW
e in un'infinità di altri progetti, di cui ci siamo spesso occupati.
Chiusi tutti i precedenti capitoli, quest'anno la sua storia è ripartita
con un nuovo nome, Makhno, e un album, registrato in quasi completa solitudine, che è da annoverare fra le cose migliori uscite nel 2012: Silo Thinking
è un'opera intensa e complessa, diretta ma non facile da circoscrivere
in tutte le sue molteplici diramazioni. Abbiamo voluto saperne di più e,
già che c'eravamo, ne abbiamo approfittato per ripercorrere le tappe
della sua carriera.
lunedì 22 ottobre 2012
MAKHNO - RECENSIONE DISTORSIONI Rock e Altri Suoni
Una sperimentazione sincopata e deragliata che
si nutre di scorie noise, avanguardia elettronica, art rock, rivoli di
blues deviato e torbido. Il primo lavoro solista di Paolo Cantù,
musicista di provata esperienza, sulla scena undeground da oramai oltre
un ventennio, risulta essere fedele al moniker scelto: emblema di
anarchia e fedeltà incondizionata al proprio istinto -se vogliamo essere
precisi- alla parte più selvaggia e svincolata nascosta nel proprio io.
Tutti gli otto brani dell'album trasudano impellenza, voracità,
frenesia creativa e allo stesso tempo sono fluidi e reattivi nel gioco
instancabile delle libere associazioni. Abozzi di astrattismo neo
primitivo come palpiti di viscerale, arcana reazionarietà,
incontrollabile forza vitale. Convergono in "Silo Thinking",
con omogeneità sbalorditiva, le innumerevoli incarnazioni e le
sfaccettate complessità di Cantù: le abrasività vintage e rumoriste di
Six Minute War Madness; i tapes recording di A Short Apnea; le intensità
e il nervosismo strumentale da simbiosi interattiva e ricerca sonora
espressi in Uncode Duello; la cinematica industrial e tribale dei
Tasaday.
Le impalcature ritmiche, i pattern rumoristi destrutturati e
continuamente sovrapposti e stratificati, spesso dissonanti e costruiti
su tempi irregolari, danno luogo ad una dimamica di interazioni, si
irrobustiscono e pulsano, lasciano sempre impensabili spazi all'armonia
di fondo, ad un ideale unitario. Custer, Zena, La Makhnovtchina
sono decisamente inni di orgoglio e vigorosa autonomia identitaria che
richiama la sferzante satira dei Pere Ubu e allo stasso tempo si
riaggancia a trame di nientificazione metaforica che i Tasaday avevano
eletto a bandiera ideologica. Ulrike, Father and son
intrecciano la meccanica del disfacimento e dell' abbruttimento urbano con
la resistenza tribale e ostinata. Sembra una lotta impietosa quanto
eroica contro la spersonalizzazione. Poi c'è un meraviglioso omaggio ai
Tupelo di Stiv Livraghi con la palpitante Stiv: oscura, graffiante, sanguinante e sporcata dei riverberi blues del clarinetto e dalle percussioni carnali e primitive. Remember e Fine della storia
si imbevono nell'essenza liquida e simbolista di Beefheart, sono corse
forsennate di ricerca dell' essenziale, impregnate di vibrazioni e
intuizioni che raccolgono riflessi di inesprimibile e intraducibile,
scariche adrenaliniche, confluenze di caos riflesse da una eclettica
lente deformante e da un indicibile istrionismo arty. Un disco
assolutamente originale ed unico, spiazzante e inaspettato. Se esistesse
un ipotetico tavolo delle scommesse in nero dedicato all'alternativo di
maggior pregio ci punterei tutto, pure la biancheria intima.
Romina Baldoni
venerdì 12 ottobre 2012
MAKHNO - RECENSIONE TERAPIE MUSICALI
""Silo thinking" è il
termine inglese usato per definire il "pensare a comparti stagni". Io
ho utilizzato molto il "silo thinking" in momenti in cui i problemi da
affrontare erano troppi e i rischi di non trovare soluzioni
altissimi. Il riferimento è dunque molto personale, ma è anche un po' la
storia del disco e dei brani. Ho lavorato in modo da trovare per
ognuno di loro una soluzione particolare, come se ogni episodio qui
presente fosse un comparto stagno, anche se poi inevitabilmente (sia
nel caso del disco che nella vita) ti rendi conto che le metodologie per
trovare soluzioni, spesso, sono le stesse." Così parlò Paolo Cantù da Monza. Chitarrista per convenzione, suonatore a 360° per passione, orgogliosamente Makhno
per scelta di vita, il protagonista delle eclettiche scorribande sonore
di Tasaday, Six Minute War Madness, A Short Apnea e Uncode Duello, solo
per citare alcuni ensemble musicali a cui ha donato la propria visione
sonora, concentra oltre trent'anni di attività in altrettanti minuti
spesi per definire in questa opera prima l'essenza
e lo stile che ne hanno caratterizzato la carriera, in un continuo ed
inesausto slancio creativo votato alla sperimentazione e alla ricerca
del suono migliore; convogliato, "catturato", ma subito lasciato
(ri)fluire attraverso l'uso controllato dei più svariati strumenti a
propria disposizione. SILO THINKING è la conferma di
tutto questo. A partire dalla più totale, solitaria autonomia esecutiva
con cui la strumentazione è stata trattata. Basso,
batteria, drum machines, voci, clarinetti, nastri, le immancabili
chitarre, le registrazioni e perfino il mix: tutto qui fa capo al solo
Cantù. Tutto parla di e per lui. Ne racconta la storia, confinata probabilmente al di là di quella porta under lock and key
che campeggia in copertina. Ricordare diventa lo sforzo utile a
ricostruire il proprio percorso. E noi, per farlo, forziamo, apriamo e
spalanchiamo quell'accesso così tanto serrato. Con Remember inizia
questo percorso intimo, di immagini e sensazioni che si credevano
confinate in un angolo della memoria; le atmosfere dei Suicide prendono
presto il soppravvento, ma sono potenziate da un intreccio chitarristico
dissonante cui sottende una linea di pianoforte che andrà a chiudere
questo primo, necessario, brano. Inno della resistenza anarchica ucraina guidata dall'irriducibile Nestor Makhno (da cui deriva il moniker del progetto), La Makhnovtchina diventa
cantilenante ed ossessiva nenia tribale, frastagliata, robotica e
meccanica, prima di cedere il passo al rock post industriale di Ulrike. Zena "è
una cosa che ho trovato in rete, ed è appunto il racconto degli
scontri a Genova del 30 giugno 1960 contro il congresso fascista
organizzato in città" con un rimando ai migliori Fuzz Orchestra. Il lato A del vinile si chiude con Stiv, il fiero saluto all'amico Stefano "Stiv" Livraghi, leader dei Tupelo scomparso nel 2000 in seguito ad un drammatico incidente stradale. Le infinite possibilità che l'alternanza suono-silenzio regalano ci introducono il tappeto sintetico dell'esasperato dialogo a una voce di Father And Son. Fine Della Storia? No. Unica
concessione esterna a questo documento sonoro privato, la voce
familiare di Federico Ciappini cresce stentorea nell'impetuosa Custer, conferendole un alto senso di fatale partecipazione e titanica tragicità. Musica carbonara. Meravigliosa. E viva. E immensa. Come la nostra vita. Come le nostre donne. Come le nostre musiche e le nostre grida.
Andrea Barbaglia
Leggi anche su TERAPIE MUSICALI il report del concerto di S.ColombanoQUI
LEGGI TUTTE LE RECENSIONI / OTHER REVIEWSCLICK HERE
MAKHNO - RECENSIONE SODAPOP
SODAPOP - MAKHNO / Silo Thinking
Makhno (nome di un anarchico ucraino già usato per una collaborazione fra Nicola Guazzaloca e Francesco Guerri) è il moniker dietro cui si cela Paolo Cantù
e già questo fatto, insieme all’immagine di copertina, una porta di
ferro chiusa da un lucchetto, ci dice qualcosa sulla poca voglia di
apparire del personaggio. Un personaggio che pur avendo militato in
alcuni dei gruppi più importanti della penisola, dai pionieri industrial
Tasaday alla prima incarnazione degli Afterhours, ai seminali A Short Apnea,
a tutte le formazioni più recenti, si è sforzato, riuscendoci, di
mantenere un profilo basso, arrivando all’esordio solista appena qualche
mese fa nel 10” della Phonometak Series. Ora, se avremo la
forza di scardinare quella porta di ferro, ci troveremo al cospetto di
uno degli album più intensi degli ultimi tempi, edito in vinile da un
quartetto di etichette.
Abbiamo già notato come Cantù sia complementare al compagno di tante avventure Xabier Iriondo e tanto il disco solista del secondo è ricco di ospiti, quanto questo è realizzato in completa solitudine, fatto salvo per un brano. Sempre rispetto a Irrintzi, Silo Thinking è un lavoro maggiormente coeso, frutto di un’operazione di sintesi che si presenta come una tappa importante nella carriera di Cantù, e non semplicemente perché ne costituisce l’album d’esordio. Musicalmente è questo un disco di chitarre sature, mutuate dall’industrial degli albori che, su basi ritmiche ripetitive, si intrecciano con altre, più soniche e melodiche con rari inserti di clarino. Non siamo troppo lontani, per capirsi, dagli Uncode Duello di Tre, ma qua il discorso viene sviluppato e ampliato. Stilisticamente, Silo Thinking è un disco di moderno noise-rock che rifugge la forma canzone, ma che non rinuncia a gettare un ponte verso l’ascoltatore meno avvezzo a questi suoni, grazie a melodie orecchiabili (La Makhnovtchina) e riff di buona presa (Ulrike). Infine, dal punti di vista lirico, è un disco di nomi propri, di persone (Ulrike, Stiv, Custer) e di città (Zena), ognuno dei quali porta con sé parole che fanno incrociare la Storia con la s maiuscola a quella personale, in un dialogo continuo fra passato e presente. Cantù si espone raramente come vocalist: si divide tra cantato e parti recitate, ma più spesso si serve di campionamenti. Le parole sono quasi sempre parole di lotta: la Congiura delle polveri del 1605 ricordata all’iniziale Remember, il canto anarchico de La Makhnovtchina irrobustito dalle chitarre, la voce di Ulrike Meinhof in Ulrike, le manifestazioni del giugno ’60 nel colorito racconto in dialetto genovese di Zena, con un finale epico che dà i brividi. Nella seconda parte sono le vicende più personali a venire alla ribalta, con la voce dello scomparso Stiv Livraghi dei Tupelo in Stiv, la vorticosa Father And Son o l’orgogliosa rivendicazione di Fine della Storia. La summa di tutto, conclusione che lascia aperte mille strade, è nel finale di Custer, con ospite alla voce quel Federico Ciappini che di Cantù è stato compagno nei Six Minute War Madness e occasionale collaboratore in A Short Apnea e Uncode Duello; un personaggio anche più schivo del nostro chitarrista che, le rare volte in cui si concede, fa rimpiangere la sua lontananza dalle scene. Solo a un ascolto disattento questo recitato di cinque minuti su base noise, potrà sembrarvi una copia dei Massimo Volume: Ciappini sfodera un testo ambiguo, in bilico fra delirio d’onnipotenza e sarcasmo nerissimo, spocchia e dolorosa presa di coscienza, interpertato magistralmente, toccando punte di autentica straniazione quando, sul finale, si rivolge direttamente a Cantù con un’invocazione disperata (“dammi due pistole, Paolo!”). Un brano mutevole, che ad ogni ascolto vi parrà significare cose diverse, e che chiude un disco complesso ma bellissimo, assolutamente da avere.
Abbiamo già notato come Cantù sia complementare al compagno di tante avventure Xabier Iriondo e tanto il disco solista del secondo è ricco di ospiti, quanto questo è realizzato in completa solitudine, fatto salvo per un brano. Sempre rispetto a Irrintzi, Silo Thinking è un lavoro maggiormente coeso, frutto di un’operazione di sintesi che si presenta come una tappa importante nella carriera di Cantù, e non semplicemente perché ne costituisce l’album d’esordio. Musicalmente è questo un disco di chitarre sature, mutuate dall’industrial degli albori che, su basi ritmiche ripetitive, si intrecciano con altre, più soniche e melodiche con rari inserti di clarino. Non siamo troppo lontani, per capirsi, dagli Uncode Duello di Tre, ma qua il discorso viene sviluppato e ampliato. Stilisticamente, Silo Thinking è un disco di moderno noise-rock che rifugge la forma canzone, ma che non rinuncia a gettare un ponte verso l’ascoltatore meno avvezzo a questi suoni, grazie a melodie orecchiabili (La Makhnovtchina) e riff di buona presa (Ulrike). Infine, dal punti di vista lirico, è un disco di nomi propri, di persone (Ulrike, Stiv, Custer) e di città (Zena), ognuno dei quali porta con sé parole che fanno incrociare la Storia con la s maiuscola a quella personale, in un dialogo continuo fra passato e presente. Cantù si espone raramente come vocalist: si divide tra cantato e parti recitate, ma più spesso si serve di campionamenti. Le parole sono quasi sempre parole di lotta: la Congiura delle polveri del 1605 ricordata all’iniziale Remember, il canto anarchico de La Makhnovtchina irrobustito dalle chitarre, la voce di Ulrike Meinhof in Ulrike, le manifestazioni del giugno ’60 nel colorito racconto in dialetto genovese di Zena, con un finale epico che dà i brividi. Nella seconda parte sono le vicende più personali a venire alla ribalta, con la voce dello scomparso Stiv Livraghi dei Tupelo in Stiv, la vorticosa Father And Son o l’orgogliosa rivendicazione di Fine della Storia. La summa di tutto, conclusione che lascia aperte mille strade, è nel finale di Custer, con ospite alla voce quel Federico Ciappini che di Cantù è stato compagno nei Six Minute War Madness e occasionale collaboratore in A Short Apnea e Uncode Duello; un personaggio anche più schivo del nostro chitarrista che, le rare volte in cui si concede, fa rimpiangere la sua lontananza dalle scene. Solo a un ascolto disattento questo recitato di cinque minuti su base noise, potrà sembrarvi una copia dei Massimo Volume: Ciappini sfodera un testo ambiguo, in bilico fra delirio d’onnipotenza e sarcasmo nerissimo, spocchia e dolorosa presa di coscienza, interpertato magistralmente, toccando punte di autentica straniazione quando, sul finale, si rivolge direttamente a Cantù con un’invocazione disperata (“dammi due pistole, Paolo!”). Un brano mutevole, che ad ogni ascolto vi parrà significare cose diverse, e che chiude un disco complesso ma bellissimo, assolutamente da avere.
Emiliano Zanotti
lunedì 1 ottobre 2012
MAKHNO - RECENSIONE BLOW UP
MAKHNO - SILO THINKING
Canti di battaglia, di lotta alla banalità dell’esistenza,
in rivolta contro la passività. Makhno è il progetto solista di Paolo Cantù,
ideale fusione di tutte le sue esperienze precedenti ( da Tasaday a Six Minute
War Madness, da A Short Apnea a Uncode Duello) in un condensato di idee e
emozioni che paiono scaturire dal nucleo stesso della sua personale
ispirazione. Registrazioni grezze, operate in totale autonomia e
contraddistinte dall’ accurato uso di nastri preregistrati che di volta in volta
costituiscono gli elementi narrativi attorno ai quali ruota tutto l’impianto
strumentale (il sample della voce di Stiv Livraghi in Stiv, il frammento cinematografico di Remember), musica di un’anima messa a nudo, autentica e
toccante. La Makhnovtchina ha
l’incedere della marcia di guerra, la fierezza della giusta causa,
dell’opposizione eroica ad un nemico che appare soverchiante ma non
invincibile, Ulrike è una nube
elettrica che avvolge la voce della Meinhoff in una sorte di evocazione
medianica, Zena è una visionaria
cronaca di tumulti su una danza macabra di riff distorti e batteria.
L’atmosfera è da ultima sacca di resistenza: vivere o morire. Proprio come
nelle parole di Federico Ciappini ( l’ex vocalist di Six Minute War Madness)
nel brano di chiusura Custer:”…noi siamo così Paolo, circondati e
senza alcuna speranza di salvezza…Dammi due pistole Paolo, che voglio morire
come il Generale Custer.”
martedì 25 settembre 2012
MAKHNO - OUT NOW
Neon Paralleli presenta:
MAKHNO
"Silo Thinking “
LP – Neon 01 - 2012 - 8 tracks - 36 min
Makhno
è il one man project di Paolo Cantù, Silo Thinking è un
vinile 12" ed esce in coproduzione con Wallace, Hysm?, Brigadisco e Neon Paralleli.
Silo Thinking è in anteprima streaming dal 24 settembre su Sentire
Ascoltare:QUI
e da ottobre nei negozi con distribuzione Audioglobe
Presentazione Live il 29 settembre ( live alle ore
20:00) a VILLA
MORGANA, via Collada 10, San Colombano (MI),
con contorno di
aperitivo e mostra di Berlikete (dalle 19.00)
<http://berlikete.wordpress.com/drawings/>
(guarda i video dal concerto: fine della storia e father and son)
(guarda i video dal concerto: fine della storia e father and son)
NEON PARALLELI PROUDLY PRESENT MAKHNO - SILO THINKING
Makhno is the one-man project by Paolo Cantù. The 12” vinyl LP is produced by the labels Wallace
Records, Hysm?, Brigadisco and Neon Paralleli, out in October and distribuited by Audioglobe
SILO THINKING is in streaming preview on SENTIRE ASCOLTARE web zine
Per saperne di più / for more details:
venerdì 10 agosto 2012
MAKHNO
ANTEPRIMA: MAKHNO - SILO THINKING
Wallace Records, Neon Paralleli, Hysm? e Brigadisco annunciano l'uscita a fine estate del primo album solista di Paolo Cantù sotto lo pseudonimo Makhno. SiloThinking è il titolo, Lp il formato.
In anteprima il brano Stiv
Wallace Records, Neon Paralleli, Hysm? and Brigadisco announce the release in late summer of the first solo album entirely played and recorded by Paolo Cantù, under the moniker Makhno. Silo Thinking is the title, and LP is the format.
Preview of the track Stiv
mercoledì 27 giugno 2012
SIX MINUTE WAR MADNESS
IL VUOTO ELETTRICO - DOWNLOAD
Il Vuoto Elettrico, secondo CD dei SMWM, pubblicato nel 1997 da Jungle Sound Records ed attualmente esaurito. Scaricabile gratuitamente nelle versioni Mp3 320 kb e FLAC.
Il Vuoto Elettrico, the second SMWM CD, released in 1997 by Jungle Sound Records. Out of stock. Free Download Mp3 320 kb or FLAC.
martedì 1 maggio 2012
LETTURE CONSIGLIATE (VOL 2)
SVILUPPI INCONTROLLATI
BLOOM MEZZAGO CROCEVIA ROCK
a cura di Aldo Castelli e Massimo Pirotta - VOLOLIBERO EDIZIONI
Il libro che celebra i 25 anni del leggendario Bloom di Mezzago
www.vololiberoedizioni.it
QUI puoi leggere il mio contributo al libro
QUI puoi scaricare l'album (mp3 320kb) BLOOMLIVE VOL 1
martedì 20 marzo 2012
PHONOMETAK SERIES # 10
NUOVA E ULTIMA USCITA DELLA SERIE PHONOMETAK.
ORA DISPONIBILE 10” IN VINILE , 10 €
NEW AND LAST ISSUE OF THE PHONOMETAK SERIES
NOW AVAILABLE VINYL 10”, 10€
SIDE A - PAOLO CANTU’
HULJAJPOLE 3:15
THE BIG BOUNCE 4:47
COSMETIC COSMIC CITY 3:15
ITYOP'IYA 2:10
SIDE B - XABIER IRIONDO
THE 78RPM LEGACY 6:34
ELEKTRAPHONE ETA EUSKALDUNEN PILOTA JOKOA 5:34
PER ACQUISTARE COPIE / TO BUY COPIES write me
Iscriviti a:
Post (Atom)