""Silo thinking" è il
termine inglese usato per definire il "pensare a comparti stagni". Io
ho utilizzato molto il "silo thinking" in momenti in cui i problemi da
affrontare erano troppi e i rischi di non trovare soluzioni
altissimi. Il riferimento è dunque molto personale, ma è anche un po' la
storia del disco e dei brani. Ho lavorato in modo da trovare per
ognuno di loro una soluzione particolare, come se ogni episodio qui
presente fosse un comparto stagno, anche se poi inevitabilmente (sia
nel caso del disco che nella vita) ti rendi conto che le metodologie per
trovare soluzioni, spesso, sono le stesse." Così parlò Paolo Cantù da Monza. Chitarrista per convenzione, suonatore a 360° per passione, orgogliosamente Makhno
per scelta di vita, il protagonista delle eclettiche scorribande sonore
di Tasaday, Six Minute War Madness, A Short Apnea e Uncode Duello, solo
per citare alcuni ensemble musicali a cui ha donato la propria visione
sonora, concentra oltre trent'anni di attività in altrettanti minuti
spesi per definire in questa opera prima l'essenza
e lo stile che ne hanno caratterizzato la carriera, in un continuo ed
inesausto slancio creativo votato alla sperimentazione e alla ricerca
del suono migliore; convogliato, "catturato", ma subito lasciato
(ri)fluire attraverso l'uso controllato dei più svariati strumenti a
propria disposizione. SILO THINKING è la conferma di
tutto questo. A partire dalla più totale, solitaria autonomia esecutiva
con cui la strumentazione è stata trattata. Basso,
batteria, drum machines, voci, clarinetti, nastri, le immancabili
chitarre, le registrazioni e perfino il mix: tutto qui fa capo al solo
Cantù. Tutto parla di e per lui. Ne racconta la storia, confinata probabilmente al di là di quella porta under lock and key
che campeggia in copertina. Ricordare diventa lo sforzo utile a
ricostruire il proprio percorso. E noi, per farlo, forziamo, apriamo e
spalanchiamo quell'accesso così tanto serrato. Con Remember inizia
questo percorso intimo, di immagini e sensazioni che si credevano
confinate in un angolo della memoria; le atmosfere dei Suicide prendono
presto il soppravvento, ma sono potenziate da un intreccio chitarristico
dissonante cui sottende una linea di pianoforte che andrà a chiudere
questo primo, necessario, brano. Inno della resistenza anarchica ucraina guidata dall'irriducibile Nestor Makhno (da cui deriva il moniker del progetto), La Makhnovtchina diventa
cantilenante ed ossessiva nenia tribale, frastagliata, robotica e
meccanica, prima di cedere il passo al rock post industriale di Ulrike. Zena "è
una cosa che ho trovato in rete, ed è appunto il racconto degli
scontri a Genova del 30 giugno 1960 contro il congresso fascista
organizzato in città" con un rimando ai migliori Fuzz Orchestra. Il lato A del vinile si chiude con Stiv, il fiero saluto all'amico Stefano "Stiv" Livraghi, leader dei Tupelo scomparso nel 2000 in seguito ad un drammatico incidente stradale. Le infinite possibilità che l'alternanza suono-silenzio regalano ci introducono il tappeto sintetico dell'esasperato dialogo a una voce di Father And Son. Fine Della Storia? No. Unica
concessione esterna a questo documento sonoro privato, la voce
familiare di Federico Ciappini cresce stentorea nell'impetuosa Custer, conferendole un alto senso di fatale partecipazione e titanica tragicità. Musica carbonara. Meravigliosa. E viva. E immensa. Come la nostra vita. Come le nostre donne. Come le nostre musiche e le nostre grida.
Andrea Barbaglia
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